Raccolta delle poesie vincitrici dal 2004 al 2019
Introduzione del Presidente del Cenacolo Letterario e Poetico di San Bonifacio
Andrea Zanuso
La nostra Associazione culturale è nata da poco più di due anni ed ha raccolto e coinvolto decine di poeti e scrittori sia locali che dell’est veronese. Nel 2019 ha pubblicato il suo primo libro Voci della nostra terra con opere di una ventina di poeti e scrittori ricevendo numerosi consensi e apprezzamenti. Nella difficile e tragica situazione Covid-19 della primavera 2020, abbiamo pensato di promuovere la scrittura mediante la raccolta di poesie e di racconti con l’intento di tracciare una testimonianza poetica-letteraria su questa esperienza umana e sociale unica di vita lenta, di silenzio e anche di isolamento nonché di paura. Infatti in questo periodo molti di noi hanno avuto più tempo di essere e restare con se stessi e di scoprire la bellezza ed il valore dei sentimenti e degli affetti delle perso-ne con le quali viviamo, ritrovando il bisogno di comunità e le emozioni che la parola, e la poesia in particolare, può pro-muovere e generare aiutandoci a riscoprire l’essenza e la spiritualità innata dell’animo umano, ma anche il valore della fratellanza, della solidarietà e del desiderio di pace e di armonia tra gli uomini e la nostra Madre Terra. Questa iniziativa ha visto l’adesione di sessanta autori di racconti e poesie che abbiamo raccolto nel libro (presentato lo scorso 25 ottobre a San Bonifacio) #iorestoacasaescrivo – primavera 2020, che ha avuto un significativo consenso di partecipazione e critica nonostante le difficoltà e le restrizioni anti Covid. A seguito di questa nostra esperienza abbiamo favorevolmente raccolto la proposta di collaborazione della Giuria del Premio Internazionale Simone Lorici Città San Bonifacio, che lo ha portato avanti in tutti questi anni per amore della poesia e della nostra cittadina, e ci siamo resi disponibili a lavorare insieme per rinnovarlo e rilanciarlo in modo da mantenere viva questa importante iniziativa culturale.
Questo libro, che raccoglie ed aggrega le poesie dei poeti premiati nelle ultime sedici manifestazioni, è la conferma della collaborazione che abbiamo già messo in atto. Il nostro obiettivo è di far diventare il premio un evento culturale ancora più partecipato da parte dei poeti italiani e di coinvolgere maggiormente i giovani e la comunità sambonifacese. Crediamo che il suo rilancio sia possibile attraverso l’uso delle nuove tecnologie della comunicazione e confidiamo sulla collaborazione e il sostegno della Amministrazione Comunale di San Bonifacio che ha sempre avuto a cuore questo Premio. Come libera e autonoma Associazione per la passione e l’amore che abbiamo verso la poesia daremo la nostra collaborazione disinteressata aperta e leale per realizzare insieme la continuità e il rinnovamento del premio.
Prefazione del Presidente della Giuria Prof. Mario Longo
Il premio internazionale di poesia “città di San Bonifacio” ha festeggiato l’anno scorso la sua trentacinquesima edizione. E’ stato fondato nel 1982 per iniziativa del poeta-scrittore Cirillo Bianchi(noto con lo pseudonimo di Simone Lorici) ed è arrivato, con alcune brevi interruzioni, sino al 2004 quando, dopo la morte del fondatore, ha assunto la sua denominazione definitiva: Premio Internazionale di Poesia Simone Lorici – Città di San Bonifacio. In quella occasione è stata rinnovata anche la commissione giudicante che è rimasta fino ad oggi sostanzialmente invariata; il presidente-coordinatore è lo scrivente Mario Longo, ne sono membri: Dino Ambrosini, Gianni Bertagnin, Mario Nogara, Giorgio Santi, subentrato negli ultimi anni a Giuseppe Beschin, che fu vicino a Lorici nella fondazione del premio e nel frattempo è deceduto. Una prima raccolta di poesie edite risale, per quanto ci è dato sapere, al 2003, ma si è trattato di un testo limitato alla presentazione dei testi vincitori e segnalati relativi all’ultimo anno; tutto poi si fermò e la lodevole intenzione di continuare negli anni successivi non ebbe seguito. L’antologia che ora presentiamo al pubblico risponde al bisogno allora manifestato e raccoglie tutte le poesie vincitrici di uno dei primi tre premi a partire dal 2004 e fino all’ultima edizione del 2019. Riteniamo interessante dare sia pure una breve occhiata anche ai nomi dei vincitori e alla loro provenienza, da cui si ricava la rilevanza nazionale, e addirittura internazionale, del premio che va ben oltre l’ambito territoriale veronese o veneto. Naturalmente i partecipanti sono stati assai più numerosi dei premiati, e per un certo periodo si sono anche segnalate graduatorie ad hoc, degli stranieri ad esempio o degli studenti o delle scolaresche che avevano inviato le loro poesie, individualmente o in gruppo. Per ragioni di spazio e di omogeneità non abbiamo potuto fornire il testo di tutte le graduatorie segnalate. Si è passati negli ultimi anni ad una situazione di maggiore ristrettezza, anzitutto delle risorse disponibili che si è un po’ alla volta riflessa sul numero dei poeti partecipanti, col passare del tempo sempre meno consistente e sempre più limitato alla categoria delle persone anziane. Per capire questo fenomeno è utile seguire l’evoluzione (o involuzione) che il premio “Simone Lorici” ha subito negli ultimi otto-dieci anni. In precedenza era abbastanza facile trovare nel nostro territorio sostegno finanziario e supporto tecnico per la nostra iniziativa; si assisteva, anzi, ad una sorta di gara tra i privati e tra le amministrazioni pubbliche che non si limitavano a incoraggiare a parole ma concretamente mettevano a disposizione le risorse affinché il premio ottenesse visibilità e si affermasse in tutta Italia quale appuntamento culturale di grande qualità e attrazione. Allora, in quegli anni, non solo il numero dei partecipanti era estremamente elevato, ma la varietà e la ricchezza dei contenuti proposti era tale che fummo indotti a creare, accanto al premio-base, per il quale si continuò a prevedere i compensi e i riconoscimenti consueti, un premio a parte per le poesie a tema religioso, anche in ricordo di Simone Lorici, il fondatore del premio che fu essenzialmente, come vedremo tra poco, un poeta-teologo. Purtroppo, fu possibile mantenere questo allargamento di prospettiva soltanto per tre anni, dal 2010 al 2012, come risulta anche dall’antologia che segue la quale ha voluto proporre ai lettori la poesia vincitrice del primo premio in questa speciale graduatoria per i pochi anni in cui essa fu attivata.
Abbiamo dovuto anche noi fare i conti col mutamento in peggio del clima politico-culturale in Italia (e nel mondo) nella seconda decade del ventunesimo secolo. E’ a tutti nota la crisi economico-finanziaria che colpì l’Occidente a partire dal 2008 e che infine investì pesantemente anche il nostro paese. Nel ricordare questi eventi ormai lontani ci sovviene la crisi ben più grave e tragica che sta sopraggiungendo a causa del diffondersi dell’epidemia Covid-19, la quale pare accanirsi in primo luogo proprio su di noi italiani. Non sappiamo quando e come finirà la conta dei danni e dei morti; non ci resta che sperare possa risolversi in qualche modo come in parte si è risolta la crisi che l’ha preceduta, che però –è bene ricordarlo- era semplicemente una crisi di tipo economico-finanziario, mentre ora siamo di fronte ad una devastante pandemia sanitaria, che avrà conseguenze di vario tipo, non del tutto prevedibili. Neanche allora, per la verità, tutto è tornato come prima; i mecenati che si erano distinti nel promuovere cultura, ricerca e attività socio-ricreative, sia quelli che operavano in ambito pubblico sia i privati, sono spariti quasi del tutto o hanno molto ridotto il loro intervento. Anche noi, qui a San Bonifacio, abbiamo sperimentato sulla nostra pelle le conseguenze di questo mutato atteggiamento degli imprenditori e delle amministrazioni pubbliche, ora chiamati a fare i conti con altre più urgenti priorità. Tra le iniziative culturali che allora vennero bloccate, ricordiamo il premio di poesia “Conte Milone”, che si integrava bene con la nostra finalità, in quanto promuoveva la scrittura poetica nei vari dialetti parlati e tramandati nel Veneto e in Italia, un patrimonio culturale degno di essere coltivato, conservato e trasmesso alle nuove generazioni. Lo stesso destino ebbero a subire altre attività socio-culturali, esistenti nel nostro territorio; non tutte per fortuna sono venute a mancare, anzi qualcuna se n’è aggiunta, a testimonianza di una vivacità e ricchezza che anima molti nostri concittadini che gratuitamente e generosamente mettono a disposizione di tutti gli altri le loro competenze, le conoscenze, un grande entusiasmo e il loro tempo libero. Per superare una situazione di risorse sempre più scarse, che chiaramente si profilava all’orizzonte, decidemmo di richiedere ai concorrenti un contributo di partecipazione, di importo poco più che simbolico e prevedendo una serie di esenzioni, per i giovani ad esempio e per gli anziani; l’idea si rivelò nel tempo sbagliata e controproducente. Non solo il numero dei poeti partecipanti calò vistosamente e i pochi che rimasero fedeli erano i soliti affezionati, ormai più che adulti, che si alternavano nell’occupare i primi posti della graduatoria finale. Crediamo che non sia stata tanto una questione di soldi a creare tale disinteresse o freddezza nei confronti del nostro premio, bensì una questione di principio: il poeta non scrive per danaro, ma esprime liberamente la sua visione dell’uomo e del mondo alla ricerca della bellezza e alla scoperta di una dimensione più autentica della vita. Crediamo si possa dire della natura della poesia e della sua finalità quanto Aristotele sostiene a proposito della filosofia, egli che sapeva bene che la filosofia era nata proprio a partire dalla poesia, quale sua naturale evoluzione, ed aveva, da parte sua, come proprio maestro e ispiratore, il grande Platone il quale ha mostrato in tutta la sua opera quale contributo possa fornire il linguaggio poetico nella faticosa ricerca della verità che spetta al filosofo attuare. Certamente, afferma Aristotele, l’uomo che è nello stesso tempo essere razionale e sensibile ricerca inizialmente il sapere per soddisfare al meglio i suoi bisogni materiali. Il sapere tecnico è pertanto necessario e, non a caso, fu il primo a presentarsi e a consolidarsi nella storia dell’umanità. Ma vi è un’altra forma di scienza, che egli chiama “divina”, sia perché ha Dio quale suo oggetto sia perché la divinità la possiede in sommo grado. Questo è un sapere del tutto disinteressato, non ha alcuno scopo o fine determinato da perseguire; e Aristotele conclude il suo ragionamento con questa espressione molto famosa e a prima vista enigmatica: “Tutte le altre [scienze] sono materialmente più necessarie di essa, ma nessuna è migliore“ (Metaph. I [A], 2, 983 a). L’interpretazione autentica è fornita dallo stesso filosofo; la filosofia, così come noi riteniamo faccia anche la poesia, esprime in pieno la natura dell’uomo ed è in grado di indirizzarlo verso il suo scopo specifico che gli appartiene e lo distingue da tutti gli altri esseri viventi. Mediante la poesia e la filosofia, in forma intuitiva la prima, in forma concettuale la seconda, l’uomo può cogliere il tutto dell’universo e indicare il senso dell’esistenza umana in questo tutto. Soltanto percorrendo questa via noi possiamo sperare di penetrare il mistero della vita e di incontrare Dio, guardando dall’alto la realtà in tutta la sua interezza e totalità, sub specie quadam aeternitatis, come disse un altro grande filosofo più vicino a noi, quale fu Spinoza. Ponendoci dal punto di vista di Dio, possiamo osservare e amare tutte le cose nella loro viva bellezza ed eterna necessità, andando oltre lo scorrere frammentario, casuale e anonimo di un’esistenza che ci confonde e annebbia la nostra vista. 3. Chiudiamo questo discorso introduttivo con alcuni brevi cenni biografici relativi al fondatore del Premio Internazionale di Poesia. Seguiamo un breve profilo che Riccardo Mafficini scrisse poco dopo la scomparsa di Cirillo Bianchi –questo il suo nome di battesimo- avvenuta nell’agosto del 2003. Mafficini è stato da sempre, e sino ad oggi, non solo il solerte segretario del Premio, ma animatore instancabile ed essenziale punto di riferimento e di supporto per commissari e concorrenti. Egli ricava le informazioni da una autobiografia pubblicata dallo stesso autore a Rimini presso l’editore Arcobaleno nel 1999: Simone Lorici presenta Simone Lorici. Poeta – Teologo – Umanista. Si tratta di una biografia un po’ singolare, frammentaria e incompiuta, che si sofferma sugli anni dell’infanzia e della prima giovinezza e trascura del tutto, o quasi, gli anni della maturità. Il testo è, in ogni caso, interessante perché indica in maniera sistematica la vastissima e poliedrica attività di scrittore e di artista di Simone Lorici, della quale si può trovare concretamente traccia presso la Biblioteca Comunale di San Bonifacio. Nato a Vago di Lavagno da una famiglia poverissima, poté studiare grazie agli ottimi risultati che otteneva a scuola che convinsero i genitori a compiere gli enormi sacrifici che allora richiedeva la carriera degli studi. Non abbiamo altre notizie sicure se non quelle che riguardano l’insegnamento di Filosofia e Scienze umane che egli tenne per molti anni presso l’Istituto Magistrale “G. Veronese” di San Bonifacio. Sulla base di quanto egli stesso ci riferisce, ha contribuito ad animare la vita culturale nella sua città di residenza, ma fu attivo anche a livello più ampio, in Italia e all’estero, partecipando a convegni, seminari, giornate di studio organizzati da università, enti di ricerca, associazioni e accademie. Se vogliamo cogliere con precisione e con la massima incisività la natura e il significato dell’impegno letterario e artistico di Simone Lorici, dobbiamo richiamare il sottotitolo della sua autobiografia, sopra ricordato: Simone Lorici: poeta, teologo, umanista. Egli fu poeta per scelta e sensibilità ma il contenuto delle sue poesie è essenzialmente teologico-religioso, coinvolge per intero la sua multiforme umanità e il suo operare. Umanista, egli si definisce; certo, egli fu umanista nel significato autentico del termine, in quanto ha inteso sempre occuparsi dell’uomo, delle sue aspirazioni e dei suoi problemi, senza tuttavia rinchiuderlo in se stesso, ma aprendolo all’Assoluto e facendone in un certo senso testimone vivente della presenza di Dio nel mondo. Emblematica ci sembra, a tale riguardo, la breve poesia inserita a pagina 60 della citata autobiografia, nella quale è evidente la suggestione della lettura di Martin Heidegger, grande filosofo del Novecento che ha affidato alla poesia il compito sacro di farci incontrare l’Essere, rivelandone la Parola. E’ ovvio che per Lorici l’Essere heideggeriano corrisponde senza residui con il Dio cristiano.
L’ETERNO
Mio pasto è l’eterno,
il nulla il mio rifiuto,
nessuno mi potrà divorare,
rimango pastore dell’Essere.
Prefazione alle poesie
Per una affettuosa lettura delle poesie del Premio Simone Lorici
Prof. Elisa Zoppei e Aldo Ridolfi
Ci pare che la maniera più autentica per guardare l’insieme delle poesie premiate al concorso “Simone Lorici” sia quella di aderire ad una lettura affettuosa e amorevole. Dopo le valutazioni critiche espresse a suo tempo dalle Commissioni, mettersi in ascolto, oggi, dell’afflato che quei versi suscitano, costituisce, secondo noi, il modo più semplice ma anche il più riconoscente di rendere onore ai poeti e al concorso. Molte delle poesie del premio, pervenute dalle varie parti d’Italia, rievocano, con toni liricamente idilliaci, la nostalgia e il rimpianto per un’infanzia i cui giochi sfociavano in un trionfo della fantasia e della gioia giovanile, propongono il tema del tempo che fugge portandosi via le luci e i profumi delle stagioni passate, lasciando giorni bruciati dal tempo, ma non per questo meno vivi e profondi. Se mettiamo il cuore in ascolto, ci arriva un coro di voci alternanti, modulate sui grandi sentimenti della vita universalmente condivisi, come accade sempre quando la spiritualità personale e soggettiva è autentica. Altre poesie consegnano alla memoria, stemperato in versi aulici, in alcuni casi altamente lirici, il racconto di amori perduti, di campi assolati, di acque canterine, di giochi e canzoni: drammi e cose belle di “una volta” quando c’erano le favole a chiudere gli occhi dei bambini. Alcune altre ti si fermano negli occhi e nel cuore. Ti fanno magicamente volare nel vento con piedi alati. Sono fatte per dire all’Umanità che esiste il miracolo della parola capace di gettare via la ruggine che corrode la vita. E ce n’è qualcuna dove parole macchiate di sangue narrano ferite di guerre dissennate, mostrando finestre di croci e un senso di smarrimento ci coglie tra fiori di lutto e lacrime silenziose.
Ogni lirica porge sul vassoio di versi limpidi e toccanti la visione di quello che accade dentro e fuori gli uomini. Vi traspirano accenti vibranti e appassionati di poeti e poetesse dal cuore pulsante di giovinezza, che arrivano nel profondo del nostro sentire suscitando sensazioni, emozioni, sogni, visioni di armonia e di bellezza. Insomma, le parole dei poeti ci piacciono: «Fugge il tempo /ombra di un palpito»; ci entusiasmano i loro strani accostamenti: «Frugare orizzonti»; le loro sintassi capovolte: «Non ha voce il respiro». Ci scopriamo ad indugiare su lemmi fatti propri dal poeta ora con la durezza di un corpo a corpo con la parola: «Non lasciarmi morire!»; ora con la delicatezza del più tenero degli amanti: «Lentamente si smemora la luce / smarrita negli anfratti del crepuscolo».
Le parole dei poeti ci affascinano perché sembrano segni nati presso antichissime civiltà e validi per sempre, perché paiono convenzioni, accordi, contratti cui attenersi per consentire la comunicazione, invece, per il poeta, le parole valgono molto di più: esse prendono il loro più autentico significano nel momento in cui vengono scritte e neanche un attimo prima. E ciò per noi è magico: «Lascia orme il passaggio dell’essere, grafismi sulla terra»: dove il “passaggio dell’essere” e i “grafismi” assumono significati mai definiti, sempre alla ricerca della “loro” specifica, singolarissima, ricchissima, inesauribile interpretazione.
Ma forse, più di ogni altra cosa, le poesie ci piacciono per l’irrompere in esse del sentimento, per il supremo incantesimo con cui l’emozione prende forma alfabetica: «Non tutto si vede di noi. Non le cose / che amiamo di più, che teniamo / sepolte nel fondo»: qui il sentire si unisce con la semplicità e la trasparenza del dire. Pur continuando a mantenere il suo segreto, quel messaggio che ci sembra in un primo momento esserci negato, attraverso la lettura e la rilettura, piano piano, si palesa, si confessa, diventa anche nostro. E ancora, distrattamente attenti, leggiamo: «Amai / il ramarro lucente / il filo d’erba / che raccoglieva / gocce di rugiada / e pure il sasso…», dove invece il sentimento appare adiacente, giacente, contiguo alla natura, a ricordarci un mondo di esseri e di cose che entrano quotidianamente nella vita dell’anima.
Potremo continuare per ore, ma il nostro compito si interrompe nel momento stesso in cui voi lettori prendete il testimone per ricercare le tracce delle vostre vite, presenti a piene mani in questi versi.