Il libro Emozioni Leggibili raccoglie racconti brevi e poesie in lingua italiana, ma soprattutto poesie in dialetto.
Le due prefazioni di Daniela Fornaro e Andrea Zanuso illustrano l’una e l’altra parte di questa prima opera di Sergio Bertelli
Editore Cierre Grafica 2022
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Prefazione di Daniela Fornaro
Si articola in diverse espressioni di prosa, poesia e narrativa, l’opera prima di Sergio Bertelli dal titolo EMOZIONI LEGGIBILI che si libra nell’aria su tanti piccoli aeroplani di carta a trasportare contenuti preziosi sospinti dal desiderio di comunicare e di condividere (Scrivo, poi piego il foglio in modo che assomigli ad un aereo, lo lancio con forza perché possa volare…) . La copertina del libro, ben rende a livello grafico questa suprema intenzione dell’autore che scrive non solo per sé stesso, ma per far sì che la sua esperienza di vita ed emozionale si diffonda a mo’ di dono, senza destinatari precisi e/o riferimenti a persone specifiche (Vorrei che qualcuno lo trovasse …). Un dono destinato a tutti, dunque; a chiunque abbia l’intenzione e la leggerezza del cuore e dell’anima di catturare questi piccoli fogli di carta che il vento o il fato gli ha consegnato; a chiunque sappia e voglia coglierne i contenuti che prescindono dal semplice significato letterale per elevarsi in sfere ben superiori di percezione interiore, sublimandone la vera essenza (…e dopo averlo letto pensasse che non è solo un foglio portato dal vento, ma un foglio che contiene un messaggio rivolto anche a lui…). D’altronde, sarà il caso a far sì che chi si accingerà a leggere, lo farà perché prescelto dalla rotta di un esile aeroplano di carta che, planando dolcemente, si adagerà ai suoi piedi, quale incommensurabile e fortuito dono. (…vorrei che sorridesse e provasse forti emozioni perché ha trovato un fratello…)
Immaginiamo ora, di essere i destinatari di questi piccoli areoplani di carta sospinti dal vento della sorte e giunti, ad uno ad uno, ai nostri piedi. Spetterà quindi a noi il privilegio di “scartarli” come tanti cioccolatini prelibati ai diversi gusti della poesia, della prosa e della narrativa; per tutti i palati, dunque, a deliziarne l’anima e il cuore. E così che scopriamo i tanti Amo lirici di Sergio.
Amo, perché solo amando posso essere. Agisco secondo ciò che sono, e quindi:
AMO LA VITA (Quando tutto sembra perduto…una forza misteriosa…una piccola luce, un tenue soffio di vento interviene… e… trovo delle risposte).
AMO LA MORTE (Quando penso che l’odiata morte sia la fine di tutto…il mio vivere vaga in luoghi grigi…solo con la speranza i miei occhi godono per la bellezza).
AMO LA TRISTEZZA (Quando sono triste, annoiato, demotivato, mi fermo, prendo spazio per pensare…e ritorno a gustare la gioia).
AMO LA POVERTÀ (Quando penso alla povertà…se vado oltre a questa visione…ho scoperto che cos’è l’amore).
AMO LA MALATTIA (Quando la sofferenza fisica…fa scoprire i limiti del corpo…il mio orgoglio si affievolisce).
AMO LA PAURA (Quando la mia paura riesce a confrontarsi con la mia coscienza…questi rari momenti diventano preziose occasioni per farmi assaporare l’essenza della mia esistenza).
“Amo ergo sum” mi verrebbe da dire, dunque, caro Sergio, laddove l’amore offre una possibilità autentica di esistere e definisce la dimensione della percezione interiore che liberamente emerge lasciandosi “interpretare”, concedendosi ad una esperienza di “infinito” molto più autentica che nei restanti campi della conoscenza. E ci riesce bene Sergio, nell’intento di far emergere in scorci lirici quelli che sono i sentimenti dominanti dell’inconscio, che tutti riconducono all’unicità dell’amore, quale immensa energia di vita, che arricchisce e salvifica.
Dai Ricordi assopiti che si risvegliano affiorano, nitidi, intensi momenti di vita. A mo’ di prosa e lambendo a tratti la melodia propria di un componimento lirico, ecco l’evento della propria nascita (UNA VITA DONATA). Momento scalfito nella memoria dalla narrazione dei propri cari, in cui l’amore ha il sopravvento e si eleva al di sopra delle difficoltà, affidando le sorti del nascituro, esile e malaticcio, al buon Dio (Era un inverno gelido e violento…la casa…era fatiscente…il bimbo rischia di morire dal freddo…Perché io potessi vivere e crescere, non ho avuto bisogno di speciali cure mediche… ma solo di una zia e dei genitori che hanno avuto fiducia nella bontà e nella misericordia di Dio). In SOLITUDINE (componimento lirico di 4 strofe di 18 versi caduna) emerge il timore per un sentimento devastante che solo Dio riesce a contenere (Maledetta…. volevo sfuggirti ma ancora mi possiedi… Dio…mi dai forza, il tuo respiro è il mio respiro). È affidato alla prosa il ricordo di un PRIMO NOVEMBRE tra la rievocazione di momenti di vita passata e di persone care che ora non ci sono più. Dalla iniziale descrizione di un ambiente caldo e accogliente permeato da nostalgica tristezza, emerge, nel via vai dei versi, la gioia e la consapevolezza che i nostri cari ci sono comunque sempre accanto (È ora di ritornare alle nostre case…le ore trascorse insieme ci hanno arricchito…i nostri cari ci accompagnano come quando erano in vita).
Ma cosa accade ne’ “LA POESIA NELL’ESPERIENZA DEL TRAPASSO”? Lirica originale in cui Sergio descrive cos’è per lui la poesia, al pari di una esperienza trascendentale che lo trasporta in una dimensione immensa e infinita, in una beatitudine mai provata prima (La poesia…per me è un’esperienza unica…penetra(no) come una spada nel mio petto…. Vivo l’esperienza della morte, ma non muoio. So che…non sentirò dolore, ma solo sentimenti ed emozioni profonde). Tra gli Scorci di vita si delinea l’importanza dei “PENSIERI POSITIVI”. La paura, l’insicurezza, la diffidenza, la sfiducia, sono i primi nemici delle relazioni sentimentali e affettive da cui dipende la qualità della vita. È un monito, quello di Sergio, ad agire e impegnarsi sempre nel mantenere buoni rapporti, coltivando sentimenti di speranza verso noi stessi e gli altri, in una spirale di positività che si autoalimenta e conduce verso la serenità.
In “OCCHI SPECCHIO DELL’ANIMA” l’autore ci svela i segreti dell’anima, tanto più trasparente quanto più intensamente gli occhi si incontrano, liberandosi da pregiudizi e timori, mostrando apertamente le gioie, i dolori, le incertezze e le speranze che accomunano. Come in un vortice di musica e di danza, le anime si mescolano, si annullano, si lasciano scrutare (Eccomi, io sono così, sono come te, anch’io amo e odio, anch’io vivrò e morirò).
Ed ancora il “RACCONTO CON IRONIA” per sdrammatizzare, con una filastrocca cantilenante, un paventato problema di salute il cui timore è superato ma non per questo dimenticato (Poi la speranza ho riacquistato, di campare ancora rincuorato, la poesia sulla morte ho strappato, e questa filastrocca ho inventato…)
In “PER ALICE” Sergio gioca con gli occhi, il viso e le mani di Alice cercando di interpretarne espressione e sensibilità, per alzare poi il calice in un brindisi in suo onore.
In Esperienze e testimonianze che invitano a riflettere, l’autore affronta, con modalità espressiva leggera ma efficace, tematiche sociali di rilevante importanza, la cui trattazione e comprensione induce a riflessioni profonde.
“L’ALUNNO EMARGINATO” è una fedele testimonianza di quanto la fiducia ben riposta sa sempre dare buoni frutti; come nella storia di Silvio, bambino irrequieto e incline alla disobbedienza, che riacquista padronanza di sé e prospettive future di realizzazione personale grazie alla competenza e alla dedizione di un bravo maestro.
In “CARA PICCOLA AMINA” Sergio affronta la triste tematica dell’aborto, realtà terribile che diventa ancora più disumana, quando il figlio voluto da entrambi i genitori, viene trattato come “materiale abortivo”.
In “ARMANDO PICCOLO GRANDE UOMO” l’autore da valore ad esperienze di vita difficili, legate a problemi di salute, che gli hanno consentito di apprezzare, meditare e così sviluppare una spiccata sensibilità verso gli altri. Ma anche di maturare amicizie profonde e sentimenti di fratellanza con compagni di stanza, nati dalla condivisione di stati di paura e sofferenza e dalla consapevolezza dei limiti e delle fragilità dell’essere umano.
In “PER RICORDARE ALFREDO DE TADDEI” affiora la nostalgia per gli amici di un gruppo musicale nato per caso in gioventù, e per l’amicizia vera che ancora lega a persone dal cuore grande e generoso.
In “L’ANIMA CHE SI RISVEGLIA” Sergio rivive l’intensità emotiva di un pellegrinaggio a Roma (senza macchina fotografica che distrae e deconcentra…non essendo stato impegnato a fotografare, ciò mi ha permesso di entrare in contatto con me stesso), ove incontra le sorelle di Madre Teresa di Calcutta, la cui esperienza di cristianità e di amore incondizionato verso il prossimo gli fornirà l’occasione per confermare a sé stesso una intenzione di fede concreta in linea con i Sacramenti assunti.
Tra gli Episodi che raccontano l’amore, quello “IN UN BREVE VIAGGIO, IL RACCONTO DI UNA LUNGA VITA INSIEME”, si rivela un’incantevole narrazione in cui emergono ricordi legati all’infanzia ma soprattutto all’amore per la sua sposa Anna Maria, consacrato a Dio già nell’età della prima giovinezza (…davanti all’altare in una chiesa deserta…ci siamo promessi fedeltà…lì, nel tabernacolo c’era un testimone d’eccezione, c’era Lui.). Il treno, lento, pigro, sornione, ma che arriva comunque a destinazione, è la metafora della vita che scorre, nonostante gli imprevisti e le incomprensioni, e che all’improvviso, per un timore di salute poi fortunatamente disatteso, assume una dimensione nuova, riprendendo dallo stesso punto in cui è partita: da una chiesa deserta…
Ne’ “LA LUNA A SPICCHI” “IL NONNO BAMBINO” e “IL SESTO NIPOTE” si compie la magia dell’essere nonni, rivivendo nei nipoti ancora bambini le emozioni di giochi antichi e di vacanze al mare. Il ricordo si delinea limpido tra le righe. Con delicatezza e intensità di sentimenti, Sergio ben riesce a tracciare le emozioni, che dalla nascita dei nipoti, piccoli esseri amorevoli e amati, si spiegano nella quotidianità degli eventi, riempiendo il cuore e l’anima di sensazioni di gioia profonda e di autentica commozione.
In “Un’infanzia difficile” Mariangela racconta la sua esperienza di vita costellata da momenti tristi e a tratti insopportabili. Di un’infanzia vissuta in un’epoca nemmeno tanto lontana in cui le vicende di una famiglia si intrecciano con il predominio e l’arroganza di un sistema patriarcale che domina gestione e condiziona affetti. Ricordi difficili da “ricordare e da raccontare” benché l’amore dei genitori nei confronti dei figli abbia preso il sopravvento e ripagato ognuno di dedizione reciproca. Testimonianza di contesti familiari, sociali e lavorativi, comuni a gran parte della gente negli anni 50 (e immediatamente successivi), in cui solo con molta fatica e sacrificio si poteva riuscire ad avere una casa e un lavoro per garantire il minimo indispensabile ai propri cari, insegnando al contempo umiltà e rispetto e conducendo comunque una vita permeata da dignità e da sani valori morali e religiosi.
Ed è ciò che ora resta nella percezione emotiva e affettiva di Mariangela, che nel rievocare episodi tristi della propria infanzia, lascia comunque trasparire serenità e assenza di rimpianti.
Grazie Mariangela per questa Tua testimonianza e grazie a Sergio per averla voluta tracciare con dolcezza e delicatezza, rispettando gli angoli bui e remoti dell’inconscio nei suoi tratti più tristi e dolorosi. E grazie anche per averla voluta condividere con noi, affinché chiunque possa riconoscersi e imparare a gestire aspetti difficili del proprio passato e conflitti interiori ancora in essere, apprezzando ciò che di sano e dignitoso possa comunque coesistere in condizioni di estrema povertà e miseria.
I componimenti di Sergio Bertelli appaiono nel complesso permeati da freschezza espositiva e trasparenza emotiva, tali da non permettere che l’ansia di stesura prenda il sopravvento sulla genuinità dei pensieri e sulla spontaneità espressiva. Le emozioni si snodano cristalline, a dettare parole che evocano immagini di vita vissuta e di interiorità profonda, senza ricorrere a troppe e controverse metafore, senza blindarle dietro artifici letterari di pura retorica, ermetismi e chiusure interpretative, a voler mostrare abilità di scrittura più che a comunicare.
D’altronde, chi conosce bene Sergio, sa che non teme giudizi, né critiche di sorta, perché grande è l’intenzione e il desiderio di “mostrarsi” nella sua indipendenza di pensiero ed emotiva, spoglia da condizionamenti e sotterfugi stilistici, a voler mascherare come egli veramente è: libero da vincoli e pregiudizi.
Ed è così che la sua opera si compie e diventa testimonianza di vita e testamento d’amore a voler comunicare, in trasparenza oltre le parole… E siamo giunti alla fine. Ora, ai nostri piedi, giacciono tanti piccoli areoplani di carta spiegati. Il loro prezioso contenuto è giunto a destinazione e si è accantucciato tra i nostri pensieri, in un angolo del nostro cuore, nel palmo della nostra mano. L’avventura si è dunque conclusa, ma allora perché volgiamo lo sguardo in alto desiderosi di scorgere in volo qualche altro foglietto piegato a mo’ di aeroplano? Forse perché speriamo che Sergio abbia ancora tante cose da dirci (…E ancora una volta entrava viva in me la voglia di ricominciare) che vorrà di nuovo affidare al vento alla ricerca del destinatario prescelto, per consegnargli il dono della riflessione e della meditazione, su tracciati di vita che ora è anche un po’ la nostra.
Buon volo!
Poetessa e appassionata di critica letteraria e poetica
Vicepresidente del Cenacolo Poetico e Letterario di San Bonifacio
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Prefazione di Andrea Zanuso
La prima sensazione che si ha quando si legge una silloge di poesie in dialetto veronese come in questo libro Emozioni Leggibili di Sergio Bertelli, è lo stupore nel trovare delle parole, dei modi di dire e delle locuzioni dialettali perse nel tempo che, messe in letargo nei meandri della memoria, come per incanto rifioriscono tra immagini e suoni dimenticati.
Infatti, nei versi, la prosa e le narrazioni autobiografiche di questa raccolta che si evidenzia come un diario non diario di vita famigliare, sociale e di comunanza, affiorano tra le righe degli affreschi e delle immagini lontane che l’Autore ha raccolto e messo nello scrigno del mondo scomparso della sua giovinezza, ma anche della sua recente storia passata che di tanto in tanto riaffiora. Immagini della vita di provincia, della presenza e del ruolo della Chiesa nella vita di un tempo, della manifesta fede dell’Autore e dei suoi affetti famigliari in un contesto sociale che hanno caratterizzato i costumi di un tempo (indiscutibilmente degli anni cinquanta) ora scomparsi nella nostra società dei consumi. Sentimenti e valori che rivivono nelle sue poesie dialettali che si intrecciano tra il passato e il presente con una continua genuinità espressiva, come nelle poesie di rimpianti delle persone scomparse e delle cose perse, nonché delle stagioni oramai lontane che solamente l’efficacia incisiva ed unica del dialetto può dare vita, colore, musica e sentimento.
Il dialetto di Sergio Bertelli pur facendo parte del vasto dialetto della Bassa veronese, si differenzia dall’area a sud/ovest dell’Adige per la sua fonetica e un “vocabolario autoctono” influenzato dalla vicinanza dei confini con la provincia di Vicenza e Padova. E’ comunque un dialetto che resiste e vive ancora nonostante la rivoluzione delle comunicazioni di massa che sta facendo diventare l’italiano un polpettone pieno di anglicismi provincializzati. Le sue poesie si caratterizzano e si accostano alla classica narrazione degli eventi, dei riti, delle tradizioni e delle ricorrenze famigliari e sociali, ai temi degli affetti e dei drammi della vita che svelano il suo animo che vede “l’accaduto” comunque con disincanto e serenità. E se la nostalgia non può non affiorare in alcune poesie, considerando che sono la raccolta di una vita di sentimenti e di affetti, i suoi versi non sono mai melliflui o piagnucolosi, semmai sono confidenziali e amorevoli richiami ai valori religiosi e della famiglia.
La raccolta di poesie in vernacolo e gli scritti sono strutturati in tre sezioni: Parlar col core e tanto amore; Verità e busie, smissià a fantasie e Scrivare emoziòn te varie ocasiòn, e già questi titoli anticipano l’aria e i toni della poetica dialettale del nostro Autore che, dopo aver vissuto una vita intera a coltivare in semi clandestinità i suoi versi, con questo libro realizza il suo sogno riposto gelosamente per anni in un cassetto, facendolo ora volare libero, nel cielo, come un aereoplanino di carta o un aquilone. All’inizio del libro con la poesia 55 anni fa, il lettore viene proiettato indietro nel tempo di oltre mezzo secolo con l’innamoramento del poeta, neanche ventenne, che racconta in versi e nella sua lingua madre lo sbalordimento e la meraviglia fisica e passionale nel vedere e conoscere Anna Maria, la sua futura moglie, scrivendo parole e metafore genuine di emozioni vere che chi si è innamorato almeno una volta nella vita conosce bene:
“El fià se scurza, el core xe in gola,
(S’accorcia il fiato, sento il cuore in gola)
no me vien su gnanca ‘na parola”.
(non riesco a dire neanche una parola)
Così pure nei versi per la nascita della prima figlia; nel raccontare la storia della sua vita famigliare; del fratello diventato sacerdote o del dialogo con i cari estinti come “Ai me cari, parenti e amizi che no ghe pì “, scritto in quartine che promanano un allegro e piacevole concetto panteistico, non religioso, del loro “essere all’altro mondo stando ancora in questo mondo”:
No ve vedo, ma ve sento
sì te l’aria e t’el vento,
sì t’ei fiori profumà
e sui petali indorà.
Oppure nella lirica “Viajo te l’aldilà” – Viaggio all’aldilà – con una girandola di visioni di cari estinti che partendo da “Oncò i g’a setarà, Rino me cusìn”, inizia una originale e personale lirica epica, una saga di parenti amici e conoscenti sparsi in ben trentuno sestine, ricordando con semplicità e autenticità qualcosa di loro: dal suo mitico “nono Batista, a zio Bepi, Toni a tanti altri. Le stesse stagioni dell’incanto, della semplicità e della genuinità come l’infanzia e la prima giovinezza, che carat-terizzano in particolare le persone che hanno vissuto un tempo il rapporto con la natura con rispetto, amore e ammirazione, aprono al lettore immagini di stagioni felici:
… lì fifola on’oseleto
e la sfiondra fata co le rame de passaja
…
Zugando in zenociòn coi quercioleti
semo senpre sta boni toseti …
Nelle sue poesie “i sposeti” – gli sposini – diventano “i spusiti”, e il pronome personale della 3ª persona plurale nel dialetto colognese diventa “luri” e non più i “lori” – loro – dei vicini paesi a nord ovest di Cologna Veneta, sviluppando dei componimenti dialogici che, naturalmente con riferimenti a noi lettori extra moenia sconosciuti, denotano non solo ironia ma anche abilità nel trattare la complessità di argomenti forieri di sensibilità diverse. E se anche Sergio non può fare a meno all’uso delle varie rime poetiche e assonanze, utilizza questa antica arte poetica con ironia verso i problemi sociali o ambientali non affrontati o irrisolti, come nella divertente e originale Alfabeto de Carnevale dove ogni lettera dell’alfabeto viene rimata in una quartina che mette in luce un excursus poetico tutto colognese e dei suoi dintorni:
A Cologna xe sempre carnevale
t’el salon inzima a le scale
asistendo al consiglio comunale
a sentir cossa i dise te vien male
L’ironia o lo sberleffo non sono quindi disdegnate o assenti nelle liriche di Sergio che, nonostante la sua palese fede religiosa assieme ad una implicita accettazione dell’inesorabile fluire della vita con tutte le sue contraddizioni, donano ai suoi versi pregnanti di valori un tempo indiscussi, di vissuto e dell’inesorabile e ineluttabile fato della vita, un’aria leggera e a volte frizzante, ma nello stesso tempo anche sottomessa dimostrando la sua sensibilità e la sua vera gentilezza d’animo.
Sebbene sia difficile fare una sintesi della poetica di Sergio Bertelli proprio per le diversità e peculiarità dei sentimenti e degli argomenti trattati, mi sento di dire che le sue liriche trovano ispirazione nelle piccole cose, nei fatti e nelle persone che fanno parte di una famiglia, di un paese, una frazione o una strada, e che proprio perché rappresentano dei valori che sono nella loro quotidianità universali, diventano soprattutto per chi ha vissuto, conosciuto o che si riconosce nella vita di provincia, un linguaggio culturale della memoria, una testimonianza di una lingua che, seppur minore, riesce ancora ad emozionare e far conoscere e rivivere nel cuore degli uomini il tempo delle stagioni perdute.
(Presidente del Cenacolo Letterario e Poetico di San Bonifacio)